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20:33:00 - 30 LUGLIO 2015

PIETRO VALENTI SACERDOTE DI BIVONGI

MARTIRE DELLA FEDE E DEL DOVERE

PIETRO VALENTI  SACERDOTE  DI BIVONGI -

(1806 - 1815) Ricorrono quest'anno i duecento anni dalla fine della dominazione francese di Napoleone Bonaparte nel regno di Napoli.

Dieci anni  di vicende politiche e militari che mutarono e peggiorarono le condizioni di un Regno fiorente e moderno tra i più ricchi d'Europa.

Il 23 gennaio 1806, con l'arrivo del generale Massena, re Ferdinando lasciò Napoli imbarcandosi sulla nave "Archimede" per trasferirsi a Palermo. Successivamente, nei primi giorni di marzo, l'esercito borbonico, cercò di ostacolare i francesi a Campotenese, senza successo, e anche la Calabria fu invasa.

Per l'esercito francese iniziò, però, un periodo difficile perché, per quanto facile prendere Napoli, la Calabria si dimostrò ostica e difficile da addomesticare. A difenderla erano i patrioti calabresi fedeli ai Barbone, definiti briganti, che praticando la guerriglia infliggevano perdite all'esercito francese. Intanto, a Bonaparte subentrò Gioacchino Murat che, per combattere il brigantaggio, si affidò al generale Manhes, uomo crudele e deciso che per sei mesi seminò morte e terrore in tutta la Calabria. Attuò il suo disegno di sterminio dei briganti nel mese di ottobre quando nelle campagne scarseggia la frutta e gli alberi dei boschi perdono le foglie. Impose ai cittadini di non aver rapporti con i briganti e di ucciderli. Ai genitori che avevano figli briganti impartì l'ordine di eliminarli. Chi, poi, portava pane nelle campagne era punito con la morte. Citiamo qualche episodio. A Cosenza, in un bosco fu arrestato un anziano con il giovane figlio, accusato di essere brigante. Furono giustiziati nella pubblica piazza e per primo toccò al figlio per far soffrire di più il padre. Anche la vallata Stilaro contò molti morti innocenti. Ricordiamo le undici persone di Stilo, tra donne e ragazzi, che si erano recate in un podere lontano per raccogliere ulivi, uccisi sul posto dai gendarmi del tenente Gambacorta sol perché in tasca portavano un tozzo di pane da consumare a mezzogiorno.

Bivongi ha avuto un martire della fede e del dovere, il sacerdote, Pietro Valenti. Il paese, all'epoca, era "Universitàs" sotto la giurisdizione della Certosa di Serra San Bruno e la strada che permetteva i contatti tra i due paesi era la "Via Grande" che attraversava la montagna. Nell'autunno del 1810, don Pietro, come faceva spesso nel corso dell'anno, si recò per il suo ministero sacerdotale alla Certosa. In montagna, durante il viaggio, incontrò un boscaiolo di nome Imprigna cui, da pochi giorni, gli era nato un figlio. Dopo i convenevoli l'uomo invitò don Pietro a casa per un brevissimo riposo e gli chiese di impartire il battesimo al neonato. Don Pietro non si rifiutò perché era dovere del parroco somministrare il sacramento che apre le porte al mondo cristiano. Finita la breve cerimonia giunse un drappello di soldati francesi in pattuglia tra le montagne che catturò Imprigna perché sospettato di brigantaggio e fedele dei Borbone. Anche don Pietro Valenti fu arrestato per aver avuto rapporti con Imprigna e per il sospetto di averne avuti anche con altri briganti, nel corso dei suoi attraversamenti annuali della montagna. Condotti a Serra San Bruno furono messi in carcere e, sul nulla, fu imbastito un processo che, come avvenne per altri, si sarebbe concluso con la condanna a morte.

Si cercò in tutti i modi di salvare don Pietro evitando si adottare per un sacerdote la legge di guerra del comandante Manhes. I giudici incontrarono don Pietro di nascosto consigliandolo di dichiarare nel processo che l'Imprigna lo avrebbe minacciato e costretto a battezzare il figlio. Rispose ai giudici e spiegò che un parroco non può sottrarsi ad impartire un sacramento perché un suo preciso dovere. Inoltre, non era giusto accusare Imprigna perché avrebbe sancito la sua condanna a morte.

Nel tribunale dichiarò la verità e i giudici sentenziarono la condanna a morte sia per lui che per Imprigna. L'11 dicembre 1810 don Pietro Valenti fu giustiziato tramite fucilazione.

Il sacerdote dimostrò la sua grande fede, il rispetto per la vita altrui e l'avversione a quella iniqua legge di guerra applicata barbaramente.

Da Gerace, il capitano Vorster, rese noto a tutti i parroci, tramite il giudice di pace il seguente comunicato: Signor Giudice, dai parrochi di tutte i comuni del circondario di vostro carico farete pubblicare ai popoli dello stesso che ieri, 11 dicembre in Serra sono stati condannati a morte dalla Commissione Militare Straordinaria e fucilati il prete don Pietro Valenti di Bivongi ed il nomato Giuseppe Barillaro di Serra, il primo per aver corrisposto col capo massa Imprigna ed il secondo per aver celato al Distretto di Legione il passaggio di un brigante da lui incontrato in un sito della montagna dov’egli era.

La Chiesa dovrebbe porre maggiore attenzione a questo suo sacerdote martire della fede e uomo di grande dignità. Bisognerebbe collocarlo tra i Santi martiri e il vescovo di Locri-Gerace dovrebbe promuovere don Pietro per farlo conoscere anche in Vaticano.

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