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10:37:00 - 24 AGOSTO 2015

AEMILIA 2: LA NDRANGHETA A REGGIO EMILIA, TUTTI I NOMI DEI 23 INDAGATI

AEMILIA 2: LA NDRANGHETA A REGGIO EMILIA, TUTTI I NOMI DEI 23 INDAGATI -

La Procura distrettuale antimafia di Bologna non ha tardato ad inviare l'avviso di chiusura indagini per il secondo troncone dell'operazione Aemilia, quello che il 16 luglio aveva portato all'applicazione di nove misure cautelari, dopo i 117 arresti di fine gennaio che avevano colpito la 'Ndrangheta imprenditrice' e i suoi presunti legami politici ed economici sul territorio. L'avviso, firmato dal procuratore aggiunto Valter Giovannini e dal pm Beatrice Ronchi, sarebbe arrivato a 23 indagati. Si tratta del boss Nicolino Grande Aracri, Alfonso Diletto, ritenuto un elemento importante della cosca soprattutto per la gestione degli affari, la figlia Jessica Diletto, Michele, Domenico e Catiana Bolognino, poi l'imprenditore Giovanni Vecchio, il figlio Silvano, Patrizia e Alfonso Patricelli, oltre a Francesco e Vincenzo Salvatore Spagnolo, Bruno Milazzo, Francesco, Antonio Muto, Emanuela Morini, Ibrahim Ahmed Abdelgawad, Abdellatif El Fatachi, Mihai Vrabie, Antonio Petrone, Gennaro Gerace, Loris Tonelli, Gianluigi Sarcone. Il troncone bis dell'indagine si è concentrato sull'aspetto economico e, in particolare, sulle intestazioni fittizie delle società per evitare di ricondurre la proprietà a componenti della cosca, oltre alle false fatturazioni. Non mancano, dunque, le novità perché vi sono quattro persone in più indagate. Dagli ulteriori accertamenti investigativi spunta anche il 44enne Gianluigi Sarcone, l'imprenditore di Bibbiano è considerato dagli inquirenti la "mente affaristica" della famiglia Sarcone, è finito nei guai insieme al 48enne Alfonso Diletto, ritenuto dalla Dda l'uomo del clan Grande Aracri che controllava la Bassa. Nelle accuse di "Aemilia 2" ricorre spesso, poi, l'aggravante mafiosa: nelle carte dell'inchiesta si parla di società fittiziamente intestate a terzi, nelle quali venivano sistematicamente conferite ingenti somme di denaro di derivazione illecita. Un sistema articolato, motivato dall'esigenza di tenere l'autorità giudiziaria lontana dai veri "titolari" degli stessi beni: gli affiliati al clan Grande Aracri. E dunque dal pericolo sequestro preventivo e confisca, che negli ultimi tempi si è abbattuto decisamente su milioni di euro di patrimonio dietro al quale, secondo le indagini coordinate dal procuratore capo di Bologna Roberto Alfonso e dei sostituti Marco Mescolini e Beatrice Ronchi, ci sarebbe invece stato sempre lui: Nicolino Grande Aracri, il boss di Cutro, e i suoi fedelissimi.

ALESSANDRA BEVILACQUA

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