NEWS

21:39:00 - 12 OTTOBRE 2015

Omicidio Cocò:presi assassini,nonno lo usava come scudo

Carabinieri risolvono giallo bimbo ucciso con altre due persone

Omicidio Cocò:presi assassini,nonno lo usava come scudo -

Ucciso perché il nonno, divenuto un personaggio scomodo da eliminare, lo portava sempre con sé, proprio come uno "scudo umano" per dissuadere malintenzionati dal colpirlo. Ma quei malintenzionati non si sono fermati neanche davanti ad un bambino di appena 3 anni ed hanno sparato.
Émorto per questo Nicola "Cocò" Campolongo, ucciso il 16 gennaio 2014 a Cassano allo Ionio con un colpo di pistola alla testa come il nonno Giuseppe Iannicelli, 52 anni, e la sua compagna marocchina Ibtissam Touss, 27.
Gli assassini non ebbero pietà neanche del corpicino di Cocò e lo bruciarono insieme a quelli delle altre due vittime all'interno dell'auto dell'uomo.
Adesso per quel triplice omicidio due persone sono state arrestate. Si tratta di Cosimo Donato, 38 anni, detto "topo", e Faustino Campilongo, di 39, detto "panzetta", due spacciatori che "lavoravano" per Iannicelli e legati, secondo l'accusa, alla cosca degli zingari di Cassano, gli Abbruzzese. In carcere, i due, ci erano finiti nel dicembre scorso per una tentata estorsione, ma oggi si sono visti notificare un'ordinanza di custodia cautelare per omicidio premeditato e distruzione di cadavere, con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l'attività della cosca degli Abbruzzese.
Sin dal giorno della scoperta dei cadaveri, i carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza, coordinati dai magistrati della Dda di Catanzaro - il procuratore Vincenzo Antonio Lombardo, i suoi aggiunti Vincenzo Luberto e Giovanni Bombardieri ed il pm Pierpaolo Bruni - non hanno smesso un attimo di scavare. L'omicidio di Cocò turbò l'Italia intera per la sua ferocia. Papa Francesco, dieci giorni dopo il delitto, rivolse al piccolo un pensiero e una preghiera in occasione dell'Angelus in piazza San Pietro: chi ha ucciso un bambino così piccolo, "con un accanimento senza precedenti nella storia della criminalità, si penta e si converta". E pochi mesi dopo, in visita a Cassano, incontrò il padre detenuto del piccolo.
Gli investigatori non si sono fermati davanti a niente. Sono andati avanti ricostruendo, pezzo dopo pezzo, lo scenario in cui la strage è maturata grazie a riscontri incrociati, analisi tecniche e la collaborazione di un ergastolano che ha fornito indicazioni estremamente utili. Così come utili si sono rivelati i racconti del figlio di Iannicelli. Un lavoro certosino che ha permesso di giungere ad un primo risultato. Gli inquirenti, infatti, pur sospettando che i due siano anche gli autori materiale del triplice omicidio, sono certi della loro presenza sul luogo in cui i cadaveri furono ritrovati e che il loro ruolo fu di attirare Iannicelli in una trappola. E' per questo che le indagini vanno avanti, allo scopo di individuare complici e mandanti.
Iannicelli era diventato un personaggio scomodo per gli Abbruzzese, che aveva mollato per passare ai rivali di sempre, i Forastefano, salvo poi tornare alla casa madre dove pretendeva di essere affiliato. Uno "scocciatore", tanto che uno dei boss mise in scena un finto "battesimo" per conferirgli lo "sgarro".
In più l'uomo aveva manie di grandezza e voleva rifornirsi di droga da chi voleva, andando ad intaccare il monopolio della cosca sullo spaccio. E poi c'erano quelle voci di una sua presunta intenzione di iniziare a collaborare con la giustizia che la cosca non poteva tollerare, anche se dalle indagini non è emersa alcuna certezza su questa circostanza. Ma scomodo Iannicelli lo era diventato anche per Donato e Campilongo, che con lui avevano un grosso debito per una partita non pagata ed in più volevano spiccare il volo e liberarsi dal suo controllo.
Tutti fattori che avrebbero determinato la condanna a morte di Iannicelli, che doveva essere portata a termine a qualsiasi costo, anche quello della vita di un bambino di 3 anni.
"Catturati presunti responsabili dell'omicidio del piccolo Cocò. Lo avevamo promesso, ci siamo impegnati, ci siamo riusciti. Lo #StatoVince", è stato il tweet del ministro dell'Interno, Angelino Alfano. Soddisfazione è stata espressa anche dal segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, all'epoca dei fatti vescovo a Cassano. A suoi avviso, gli arresti dimostrano "concretamente che lo Stato c'è e che non è sempre vero, come si tende a pensare, che l'arroganza dei malvagi ha sempre la meglio".
Anche il premier Matteo Renzi ha voluto congratularsi con inquirenti e investigatori. "Niente - ha scritto su facebook - potrà sanare il dolore per l'accaduto, ma sono e siamo orgogliosi delle italiane e degli italiani che ogni giorno combattono contro la criminalità e per la giustizia: grazie".

A. SGHERRI 

« ARCHIVIO