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00:21:00 - 13 DICEMBRE 2015

DIOCESI LOCRI-GERACE: INIZIO ANNO SANTO DELLA MISERICORDIA, OMELIA DEL VESCOVO OLIVA

DIOCESI LOCRI-GERACE: INIZIO ANNO SANTO DELLA MISERICORDIA, OMELIA DEL VESCOVO OLIVA -

OMELIA

(Cattedrale di Gerace – 12.12.2015, h. 16.30)

 “Rallegrati, figlia di Sion”. 

E’ questo l’annuncio che la liturgia di questa domenica ci consegna. Il gesto di apertura della porta santa di questa antica e solenne Cattedrale che abbiamo appena compiuto non è stato un atto devozionale, ma un “segno” di quello che vogliamo compiere in questo anno: aprire le porte a Cristo! La porta che si è aperta annuncia una speranza per tutti: non siamo abbandonati a noi stessi, il Signore è vicino, il Natale sta per venire. E’ un invito alla gioia. La liturgia lo fa con lo sguardo a Gesù, che è “il volto della misericordia del Padre”. Certo, nella nostra situazione sono in tanti a dire: un altro Natale come gli altri, i soliti problemi, la crisi che non finisce più! Non possiamo negarlo: sarà un altro Natale, in cui permangono nel mondo focolai di guerra, violenze e ingiustizie, Caino che uccide Abele, chi fabbrica armi e le commercia e chi le usa per cagionare morte e versare sangue innocente. Anche nella nostra terra le cose non vanno diversamente: accade che i sentimenti più belli vengano trasformati in violenza e spargimento di sangue. Ma ci auguriamo un Natale che non porti con sè per nessun padre di famiglia lo spettro del licenziamento, perché un’altra attività ha chiuso. Anche se rimane sempre la paura che le porte del lavoro continuano ad essere troppo spesso chiuse, si aprano le porte della speranza anche per la nostra terra!

Di fronte a questi motivi ci chiediamo: possiamo ancora sperare e credere all’annuncio di gioia di questa liturgia? E di quale gioia possiamo parlare? Non pensiamo ad una condizione di vita priva di difficoltà, senza problemi. Non è questo a cui pensiamo. Non lo pensava lo stesso profeta Sofonia, che annunciava la gioia sapendo delle ingiustizie sociali, del degrado morale e dei tanti problemi che angustiavano il suo tempo. Le sue parole di gioia scaturivano dalla certezza di avere vicino un “Salvatore potente”. Anche san Paolo ci invita ad essere sempre lieti nel Signore, pur trovandosi in prigionia e soffrendo persecuzioni e difficoltà di vario genere. Ci dobbiamo chiedere: come questa gioia può manifestarsi in questo nostro tempo, nonostante le condizioni di disagio, le difficoltà, le situazioni di conflitto in cui ci troviamo? La risposta può venire dalla fede che il Signore è tra noi, che vuole prendere parte alla nostra storia, che ha fatto suoi i nostri problemi, portando su di sé sino alla croce le conseguenze del male e pagando di persona. Il Signore ci indica la via della lotta e dell’impegno sociale e civile. La nostra vita è nelle mani di Dio ed è preziosa ai suoi occhi. Ma è anche affidata alla nostra responsabilità. Anche chi non crede sa di doversi assumere la responsabilità di costruire una società più giusta e solidale. E da questo dipende la felicità di tutti. Ma è molto difficile immaginarla senza Dio.

Oggi una porta si è aperta, quella porta “stretta”, che ci ha introdotti in questa Cattedrale. E noi siamo entrati, sapendo che questa porta è Lui, il Signore della vita: “Io sono la porta”. Gesù è la porta: attraverso di Lui devono passare tutti coloro che desiderano la salvezza. È una porta bella, una porta che non inganna, che ci apre alla vita e alla verità. Chiunque tenta di entrare attraverso un’altra via è «un ladro» o «un brigante». Gesù è molto esplicito in questo: “Chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, non è il pastore”. E’ sempre in agguato “la tentazione di cercare altre porte o altre finestre per entrare nel regno di Dio”. Una è la porta e si chiama Gesù. Si entra soltanto attraverso di essa. Accogliamo l’invito di San Giovanni Paolo II, che, all’inizio del suo ministero apostolico (22 ottobre 1978), gridava al mondo intero: “Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà! Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!” ed aggiungeva: “Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa! ”. E’ un invito che vale ancora oggi. Non c’è da aver paura: abbandoniamo ogni forma di timore. La paura non si addice a chi è amato. Lasciamoci abbracciare dalla misericordia di Dio che ci aspetta e perdona. Ma non pensiamo assolutamente che si tratti di una misericordia al ribasso. La misericordia è dono di Dio, che apre le porte alla conversione.

Il Vangelo ci porta nei luoghi ove opera Giovanni Battista. Accorre a lui una folla di persone anonime, ma desiderose di una vita nuova, di ricevere una parola di consolazione, di ritrovare il senso della vita e di poter uscire dai tanti vuoti interiori che rendono tristi e scoraggiati.

C’è una domanda che viene posta a Giovanni da parte di tutti: “che cosa dobbiamo fare?”. E’ la domanda che anche noi oggi dobbiamo porci con coraggio, con lealtà e senza infingimenti, ma che non possiamo dare per scontata. E’ la domanda che nasconde un desiderio di apertura a Dio, la disponibilità a fare la sua volontà anche quando questa esige nuovi stili di vita e di comportamento. Superiamo la tentazione di pensare che Dio debba cambiare la nostra esistenza, togliendoci i problemi che ci impensieriscono, esaudendo le nostre pressanti richieste. Giovanni risponde richiamando alle proprie responsabilità, al rispetto del proprio dovere.Ad ognuno è indicato un percorso personale. Si è felici laddove Dio ci chiama a stare, facendo ciò che ci è chiesto di fare, senza fuggire dalla realtà. Si può partecipare alla sua gioia, entrando con serenità nella vita , nelle relazioni, con le sue fatiche e le sue bellezze, in quella quotidianità che Dio prepara per noi.

Il Battista invita la folla a compiere gesti di solidarietà e ad avere una maggiore attenzione a chi è più bisognoso, a sapere condividere il cibo ed il vestiario, a vincere la tentazione di accumulare solo per sé. Ai pubblicani, a coloro cioè che per mestiere approfittavano della povera gente e a quanti avevano i mezzi del potere economico il Battista propone la via di una conversione sociale. Li invita a superare la tentazione della corruzione attraverso il recupero della legalità, della giustizia e dell’onestà personale. A coloro che pretendono il di più per arricchire se stessi, chiede non di cambiare lavoro, ma di non sfruttare il prossimo, limitandosi ad esigere il giusto. A tutti chiede un impegno preciso ad abbandonare la corruzione, perché essa è una “piaga putrefatta”, che “mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale”. Per debellarla papa Francesco chiede di imboccare la via di una legalità attiva e della lotta “contro le tenebre del sospetto e dell’intrigo”, usando “prudenza, vigilanza, lealtà, trasparenza unita al coraggio della denuncia”.

Ad un’altra categoria di persone, gli uomini assoldati ed armati da Erode, Giovanni Battista chiede di non usare violenza contro alcuno e di non estorcere niente con la forza, ma di svolgere il proprio lavoro accontentandosi della paga pattuita.

Come posiamo vedere Giovanni non dà consigli di tipo devozionale (fare determinate preghiere o compiere qualche gesto rituale); neppure chiede di ritirarsi a vita privata. La via da percorre è quella di compiere azioni che portano ad aprire il cuore e all’uso condiviso dei propri beni.

E’ importante che anche noi ci poniamo quella stessa domanda, “che cosa dobbiamo fare?”, per non naufragare nella superficialità. E imparare così a gioire della nostra vita con Colui che per primo gioisce con noi.

Carissimi fratelli e sorelle,

Carissimi confratelli sacerdoti,

Si aprano in questo anno le porte di tutte le nostre chiese: “Se la porta della misericordia di Dio è sempre aperta, anche le porte delle nostre chiese, dell’amore delle nostre comunità, delle nostre parrocchie, delle nostre istituzioni, delle nostre diocesi, devono essere aperte, perché così tutti possiamo uscire a portare questa misericordia di Dio” (papa Francesco).

Si aprano le porte dei confessionali. Noi sacerdoti confessiamoci gli uni gli altri: recupereremo anche quell’amicizia e lealtà che rendono più belle le nostre relazioni e ci faranno gustare la bellezza della nostra fraternità sacerdotale. Ogni sacerdote dedichi più tempo all’ascolto delle confessioni e renda con gioia questo ministero. Se tutti nel corso dell’anno faremo ricorso a questa fonte di rinnovamento vivremo veramente un anno santo!

Si aprano le porte della società: la nostra terra diventi una società inclusiva, in modo che anche i più poveri possano beneficiare delle risorse comuni ed i più deboli non siano condannati all’emarginazione e dell’isolamento.

Si aprano le porte della Misericordia per tutti: la chiamata a sperimentare la misericordia non lasci nessuno indifferente, neanche gli uomini e le donne che appartengono a gruppi criminali di qualunque genere. Attraversando la porta della misericordia tutti possono entrare e sentirsi partecipi del mistero di amore e di tenerezza del Padre, e così provare la gioia di cambiare vita.

Si aprano le porte delle famiglie in difficoltà e che portano i segni e le ferite di un’esperienza matrimoniale fallita. Non ci si chiuda mai nel proprio dramma e non si alimentino le ragioni della conflittualità. Né si faccia prevalere la passionalità e quelle forme di morbosa gelosia che possono portare ad atti inconsulti se non proprio alla morte.

Chiedo a tutti una preghiera, ma anche vicinanza e concreta solidarietà per i fratelli e le sorelle “non autosufficienti” del Centro neurologico di Locri. Ringrazio i volontari e quanti nel Centro hanno operato e continuano ad operare notte e giorno in modo instancabile, seppure con enormi difficoltà. Ma un umile e fraterno appello sento doverlo rivolgere alla coscienza civile e alla sensibilità degli amministratori della pubblica sanità: risolvete in tempi brevi ed in modo definitivo questo problema. Le esigenze dell’economia non possono prevalere sul bisogno di assistenza e di umanità dei fratelli lì ricoverati. Non possono essere considerati di peso e trattati da scarto. Ogni ora che passa è una sofferenza incalcolabile che si aggiunge ad una vita già molto provata. Un giorno ne dovremo rispondere a Dio.

“Misericordiosi come il Padre”.

Viviamo questo Anno come una grande opportunità per sperimentare ed ottenere la grazia di bussare sempre alla porta della misericordia, “senza andare a cercare altre porte che sembrano più facili, più confortevoli, più alla portata di mano” (papa Francesco). Non restiamo alla soglia. Purtroppo accade ancora che continuiamo a restare alla porta e non vogliamo entrare, pensando di poter fare da soli o lasciandoci condizionare dai nostri individualismi. A volte pensiamo anche di essere padroni di noi stessi e dimentichiamo di essere figli dello stesso Padre, di quel Dio “forte” che fa dell’umanità una sola famiglia, la sua famiglia.

 

“O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono, donaci di vivere un anno di grazia, un tempo propizio per amare te e i fratelli nella gioia del Vangelo”. AMEN.

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