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18:47:00 - 30 MARZO 2016

Sulla questione della salvaguardia di Kaulon, interviene il Presidio Italia Nostra di Monasterace

Sulla questione della salvaguardia di Kaulon, interviene il Presidio Italia Nostra di Monasterace -

-Siete due  individualisti intellettuali,  come posso di’, fracichi?
-Sempre meglio due intellettuali fracichi che due proletari imborghesiti…
C’eravamo tanto amati(Ettore Scola)
Alla  questione della salvaguardia di Kaulonia, aperta  dai tanti appelli che si susseguono oramai da parecchio tempo, non è stata ufficialmente data una qualche risposta da parte  degli organi preposti; in particolare da parte del direttore del sito archeologico. Però anche la ristrutturazione del Museo, iniziata nella primavera del 2015, sembra non avere mai fine. Speriamo almeno nella riapertura estiva.

Perché tutta questa indifferenza verso quanti, cittadini e intellettuali, hanno, con largo anticipo, comunicato la loro preoccupazione  per  un bene culturale in pericolo, demoralizzando la passione civile che sottende a queste iniziative? Non hanno i calabresi il diritto di conoscere quale è lo stato delle cose al riguardo? 
Ma non ci arrendiamo, e continuiamo a portare avanti il nostro impegno per la salvaguardia del sito  allegando due foto: la prima fa vedere le condizioni della barriera dunaria che protegge (fino a quando?) il pavimento mosaicato dei draghi e dei delfini; la seconda mostra la minidiscarica che si rinnova dopo la pulizia effettuata dalla nostra associazione la scorsa estate.
Ma, finora, sono stati appelli ufficialmente ignorati, probabilmente perché non vengono amplificati, con azioni sul campo, da un movimento intellettuale in grado di convincere-costringere gli organi preposti a dare risposte  alla sensibilità culturale dei cittadini. 

Puoi dire che sono un sognatore/Ma non sono il solo/Spero che ti unirai a noi anche tu un giorno/ E il mondo vivrà in armonia-J.Lennon)
Dobbiamo dire grazie alla possibilità offerta dai giornali online che, comunque, consentono una diffusione che, quantomeno, garantisce libertà d’espressione, conoscenza e la coscienza di non essere soli.

E’ anche vero  che, nel dopo Berlusconi, gli intellettuali e i movimenti si sono quasi zittiti, forse anche per il timore di essere definiti “gufi” e “rosicatori”: niente “girotondi” appelli da firmare e movimenti di piazza; in Calabria, dopo il manifesto per una nuova Calabria del 2007, firmato e accolto da centinaia di intellettuali e associazioni dopo la strage Duisburg,  è seguito il fallimento del “cosa facciamo”, del “chi siamo” e del “dove andiamo”. 
Già dopo l’alluvione che ha colpito la Sardegna nel 2013, Marcello Fois ha scritto un vibrato appello dal titolo: "Non ci perdoneranno". Ne cito un passo:

"Quei morti non ci perdoneranno mai perché noi dovevamo sapere e lo dovevamo dire. Dovevamo sapere che lasciar costruire centrali nucleari in riva al mare poteva essere un modo per rendere micidiale per secoli un evento micidiale ma passeggero come uno "tsunami"". Dovevamo sapere — prosegue Fois — che cementare gli stagni per fare parcheggi o costruire villette a schiera sui letti secchi dei fiumi significa sfidare gli eventi eccezionali perché diventino carneficine. Ma le centrali nucleari in riva al mare sono state fatte, gli stagni prosciugati, i letti dei fiumi edificati. E oggi, al capezzale della civiltà dei sardi, a noi intellettuali ci chiedono parole di sostegno. Ma un appello al mondo quando la tragedia si è consumata è tempo perduto. La parola sostegno dovrebbe corrispondere a urlare No tutte le volte che si avallano decisioni e situazioni insostenibili…Continueremo a maledire la nostra “malasorte”?».


Un appello accorato e doloroso, quello di Fois, come abbiamo avuto occasione di leggere molte volte sui giornali, cartacei e online, anche per la Calabria. Ma il problema è: perché questi appelli non sono in grado di incidere sulle scelte della politica regionale? Perché gli intellettuali non sono in grado di stimolare la Regione Calabria per  l’attuazione di una politica culturale  al pari del  resto d’Italia? Oppure, se è vero che, comunque,  i  pochi  appelli contribuiscono alla formazione socio-culturale dei cittadini, perché gli stessi non trovano le motivazioni e/o il coraggio per canalizzare i pensieri in azione? per sfiducia, incapacità,  o perché siamo troppo politica/politico-dipendenti a causa, principalmente, della debolezza economica, privata e pubblica? 
Siamo così, politicamente complicati, cambia il vento  e noi si, ci trasformiamo un po’, è per la voglia di piacere a chi c’è già.
Ma in questi due anni nulla è cambiato. Ne sono la prova molti articoli di stampa    e alcuni giudizi tranchant di Dario Fo (“Tacciono in molti: non hanno dignità e quindi non s'indignano. Ecco cos'è terribile e incredibile: la mancanza di indignazione”), su Benigni in particolare (Si adatta al meglio da ciò che può ricavare da un atteggiamento o una definizione politica o sociale). 
Dopo la strage di Duisburg, scriveva Vito Teti: Ognuno deve partire dalle proprie responsabilità, dalla “parrocchia” o dal partito o dalla casta di appartenenza senza pretendere di salvare il “noi”, di chiamarsi fuori…La politica si dia davvero un codice etico, allontani indagati e condannati, non presenti furbescamente come nuove facce vecchissimi e anche stimabili protagonisti, cerchi consensi al di fuori dai soliti noti, investi su persone libere, competenti e non accondiscendenti…Parli il linguaggio della verità e non della furbizia. La Calabria non può più aspettare.

A tre anni di distanza dalla pubblicazione del suo  libro “Calabria dolente”, Filippo Veltri ha dichiarato che “con mutazioni molto forti nel panorama della Calabria, ed al di là delle speranze sparse, la situazione della Calabria è identica».


Gli appelli e/o le riflessioni degli intellettuali calabresi non costituiscono una rete in grado di  catturare l’attenzione  di chi governa anche perché, spesso, gli incontri politici dell’X tipo, a cui gli intellettuali partecipano in buona fede, pur partendo da considerazioni critiche della “classe dominante”, rischiano di essere una trappola, perché  dietro la probabile soluzione dell’incognita  X si nascondono altre incognite,  ma l’equazione  è sempre una: la politica (politicante) dell’apparenza. 
CHE FARE?
Giovanni Scarfò
Presidio Italia Nostra
Monasterace

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