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18:55:00 - 05 APRILE 2016

Gerace: Ordinazione diaconale di Angelo Festa, l'omelia di monsignor Francesco Oliva

Gerace: Ordinazione diaconale di Angelo Festa, l'omelia di monsignor Francesco Oliva -

Non è un giorno feriale qualunque quello che stiamo vivendo: il conferimento del diaconato ad Angelo Festa è un dono di grazia del Signore, un evento che risponde alla fede di una comunità che vede nel servizio una sua dimensione fondamentale. Sappiamo bene che se viene meno questa dimensione va in crisi la stessa Chiesa. Il diacono esprime il volto di una Chiesa che si fa serva di Dio e degli uomini. Ma questa dimensione scade, se non viene vissuta nello spirito del Cristo, il Messia, servo sofferente. Ciò accade quando il ministero diviene gestione di un ‘potere’ più che segno di dedizione e di amore, ricerca di onore e di prestigio più che servizio alla comunità. Rispondiamo alla domanda su “chi è il diacono?” tenendo presente quella su “chi è la Chiesa?”. Solo una Chiesa che serve, “la chiesa del grembiule", come diceva il beato vescovo Don Tonino Bello, accoglie il diaconato come dono di grazia ed immagine del suo essere in missione. Solo un diacono che vive nella sua radicalità il servizio rende la realtà di una Chiesa, immagine di Cristo. Come “ministero della soglia”, il diacono fa da ponte tra Chiesa e mondo. La vera esperienza diaconale porta a superare il modello di una Chiesa introversa, preoccupata di celebrare i suoi riti e di conservare le sue tradizioni e le sue strutture, concentrata più sulle pecore che sono dentro l’ovile che su quelle disperse o lontane. Non è accettabile una Chiesa che si attende dal diacono solo il decoro delle sue liturgie e che limita il suo spazio operativo alle esigenze pastorali ‘interne’, non interessata al suo specifico servizio in risposta ai  problemi concreti del mondo più sofferente. Possiamo dire che il diacono ha come funzione quella di richiamare la Chiesa al suo essere “casa che accoglie” (pandocheion). Come ‘ministero della soglia’, il diacono fa da stimolo, da ‘sveglia’, perché la Chiesa passi dalla pastorale della conservazione a quella della missione. Egli mostra concretamente che il ponte per traghettare le comunità cristiane dalla pastorale del ‘mantenimento’ a quella dell’annuncio è la carità : il servizio reso specie nella dimensione provocatoria e più scomoda di accoglienza degli ultimi. Ribadisco che il ministero liturgico - sia dei diaconi permanenti che transeunti - non può assorbire tutto il loro servizio, perché non esaurisce tutta la vita della comunità, anche se ne è fonte e culmine. La Liturgia Eucaristica continua nella vita quotidiana delle comunità, ove il servizio del diacono si fa ministero della ‘soglia’ e mostra concretamente che il sacramento dell’altare non è separabile dal sacramento della fraternità. I compiti liturgici vanno nella direzione ‘della soglia’. Ne è prova l’antica tradizione della Chiesa, ove il diacono assolveva anche il compito di accogliere i fedeli per la liturgia. Questo servizio aveva un momento speculare nell’invio che proprio il diacono fa a fine messa: ite missa est. Quell’ite misa est che apre alla missione, che diviene apertura della liturgia al mondo e del rito alla quotidianità. Nel cuore della Messa, il diacono interviene nella proclamazione della Parola nel suo livello più alto (Vangelo) e nella distribuzione del pane consacrato, mostrando che Parola ed Eucaristia sono la radice di ogni servizio alla Chiesa e al mondo. Possiamo affermare che quanto è correlato alla carità è il “ministero più caratteristico del diacono” (Ratio fundamentalis, 9).

            Caro Angelo, anche tu sarai introdotto nell’esercizio di questo ministero sacro. Nel tuo cammino hai incontrato figure sacerdotali che ti hanno saputo indicare il Cristo e tu hai saputo rispondere. Hai approfondito la conoscenza e l’amore di Dio. Ora sei chiamato a raccontare con la tua vita quello che hai sperimentato. Come afferma sant’Agostino, «Tu sei chiamato ad essere un’eco preziosa di quanto il Signore fa risuonare dentro di te e tutto diventa più gradevole e gustoso, quando passa attraverso il tuo ministero» (cfr Epist. 109, 2). Davvero una bella indicazione per te e per ogni diacono. La Chiesa ti chiede di essere «cantore» del Vangelo sul modello indicato da San Girolamo: “Deo non voce, sed corde cantandum”, «a Dio non si canta con la voce, ma col cuore».«Il servo di Cristo canti così, che si gusti non la sua voce, ma la parola che legge» (In epist. ad Eph. 5,19 28). Gustare la Parola, scrutare la Parola, accogliere e vivere la Parola ogni giorno sono i percorsi che faranno di te un vero ministro di Cristo.

            Ma soffermiamoci – seppure in breve - sulla liturgia della Parola di questa feria del tempo pasquale. Risalta, insieme a Gesù, la figura di Nicodemo. Un maestro che vuole saperne di più. Va di notte da Gesù, non perché è un vile mosso da paura e da rispetto umano. Vive la notte, perché desidera andare incontro al giorno: è un dubbioso che cerca la luce. Le parole di Gesù lo invitano ad accogliere la luce ed a rinascere dallo Spirito. Ma non mancano – anche in noi - momenti in cui prevale l’aridità e la sordità spirituale. E allora la Parola si fa dura, incomprensibile. Mentre Gesù parla, Nicodemo non è in grado di cogliere il senso delle sue parole. Eppure si lascia condurre dallo Spirito, che come il vento "soffia dove vuole... non sai da dove viene nè dove va". Questo vento attraversa la nostra vita e spesso, pur sentendone la voce, non riusciamo ad individuarne l'origine, la direzione, i suggerimenti. E’ spenta la giusta sensibilità spirituale. Nicodemo, figura emblematica del cammino di Israele e del nostro cammino nella ricerca della luce, è il "discepolo nella notte", che c'invita ad uscire dalle tenebre e ad andare incontro al Signore. Confidare nel Crocifisso, morto e risorto, vivere la vita in una fedeltà  radicale alla vocazione ricevuta, è il cammino che porta alla luce. È la via che salva. È la via che tu, Angelo, fra poco diacono per l'imposizione delle mani ed il dono dello Spirito, sei chiamato ad accogliere ed a vivere. Vale la pena donare la vita, farsi servi per amore. Sentiti perciò avvolto dal mistero dell’amore di Dio, pronto ad amare e a servire. Ma non dimenticare che se nella vita si può incappare in affetti e sentimenti fragili e transeunti, questo non deve avvenire nei confronti del Dio. Sarebbe una grande infedeltà e tradimento del suo amore. Possa il Signore compiacersi di te e della tua fedeltà. Ti verrà consegnato il Vangelo di Cristo. Siine annunciatore e quanti ti ascolteranno possano innamorarsi di Cristo. Ricordati sempre: dinanzi a Dio e alla sua Parola si sta sempre in ginocchio. Con Dio si parla, scrutando gli orizzonti, guardando avanti. Dio spinge ad andare, ad uscire, a lasciare le proprie paure, a condividere con Lui una vera grande storia di amore. Fa spazio a Lui nel tuo cuore. Ti sarà d’aiuto anche per vivere la castità, che con la promessa fatta accogli come dono d’amore. Fa sì che il tuo cuore sia sempre sgombro, in modo che Dio possa prendervi dimora e abitarci per sempre.

            La Parola di Dio, la preghiera, il costante contatto con l’Eucaristia, il servizio alla Chiesa e agli ultimi siano i pilastri della tua vita. Col diaconato sarai inserito nel servizio di questa diocesi: col Vescovo vivrai un rapporto di fraternità nell’obbedienza e nel rispetto. Ai sacerdoti e diaconi, come a fratelli, riserverai sentimenti di condivisione e di collaborazione. Ai fedeli assicurerai piena  disponibilità in un servizio incondizionato e gratuito, senza orari e senza limitazioni. Baderai a che la porta della chiesa sia sempre aperta a tutti, reso soprattutto ai poveri, ai peccatori e agli sfiduciati. Nella nostra Chiesa, assieme ai sacerdoti e fedeli offrirai il tuo contributo nell'edificazione di una comunità che non scende a compromessi col male, che lotta contro ogni forma di associazione mafiosa, ma usa misericordia verso i peccatori. “La misericordia è il secondo nome della carità”, diceva San Giovanni Paolo II. E tutti siamo chiamati ad essere misericordiosi. Al Signore chiediamo di aiutarci a risanare le ferite e le fragilità della nostra terra. Ci pesa tanto portare il segno e le ferite del peccato e del sangue innocente versato, dei crimini abominevoli di gente senza scrupoli. Alla nostra gente chiediamo di non lasciarsi corrompere dalla sete del denaro, dall’egoismo e dalla ricerca del facile guadagno e di essere irreprensibili di fronte a qualsiasi tentazione di corruzione. Papa Francesco ha proferito una parola chiara e definitiva di scomunica nei confronti dei mafiosi. Sia sempre desta in noi la consapevolezza che "coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio, sono scomunicati". Richiamo queste parole perché non vengano mai dimenticate e costituiscano per la nostra Chiesa un percorso pastorale imprescindibile. Un percorso che si fa carico, oltre che della testimonianza della carità, anche dell’impegno formativo e della cura della casa comune. Iniziative diocesane come il Corso di formazione all’impegno socio-politico e alla cura del creato “Laudato sì”, la scuola di formazione teologico-pastorale Barlaam, possano contribuire a formare una coscienza nuova per una partecipazione civile più attiva e consapevole.

            Carissimi,

            partecipando a questa celebrazione, siamo parte della  "moltitudine di coloro che erano diventati credenti" ed "aveva un cuore solo ed un'anima sola". Non solo, ma "fra loro era tutto in comune". E "quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato ai piedi degli Apostoli, e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno". Utopia o realtà? Un orientamento ipotetico o un vero percorso di una umanità nuova? Eppure è questo quanto – seppure con risultati differenti - la Chiesa ha cercato di fare nel corso della sua storia, pur con tanti suoi limiti, contribuendo  - anche attraverso il servizio diaconale - a ridistribuire i beni ricevuti a beneficio dei più poveri. Ritornare alle origini, allo stile della comunità primitiva ci aiuterà, aiuterà la nostra Locride, a riscoprire il senso del bene comune, della reciproca appartenenza, a vincere la tentazione dell'uso della violenza per farsi ragione ad ogni costo.

            E’ vero: viviamo un tempo difficile. C’è bisogno di "riconciliazione" e perdono. Specie in questa nostra terra. Ne sto conoscendo giorno dopo giorno la gravità dei problemi. Mi sto rendendo conto che solo vivendoli direttamente e abitandoli, se ne può cogliere la vera complessità. Ho accettato la missione conferitami da papa Francesco, sapendo di doverla svolgere in questa terra geograficamente marginale, che sin dal primo momento ho cominciato ad amare. Sì, la nostra terra ha bisogno di essere amata, di sentirsi amata e non abbandonata. Anche se pesano i tanti gravami di fatti e misfatti commessi, e sappiamo che occorre scontarne la pena, non siamo terra deserta ed arida. Ci sentiamo parte di una comunità civile più grande, dalla quale ci aspettiamo maggiore solidarietà. Diritto questo che la nostra - spesso dimenticata – Costituzione Italiana, riconosce.

            Caro Angelo,

            è questa la comunità che dovrai imparare ad amare con le sue fragilità e povertà. Sentiti parte di essa, vivila come comunità che hai scelto, venendo da una regione del Nord. Questa comunità ti ha accolto e accoglie la tua disponibilità al servizio e ti esprime il suo benvolere. Sii un vero amico e servitore di tutti e troverai gioia e pace nel Signore. Sappi però che solo se continuerai a credere nella Parola di Dio e resterai nella fedeltà del suo amore, la vocazione ricevuta sarà stabile e non vacillerà. Confida nella misericordia del Padre. Tutta l'assemblea ti accompagna con la sua preghiera, mentre invoca lo Spirito su di te.

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