La Calabria è una polveriera pronta a esplodere, ma il Governo manda qui i suoi ministri per fare passerelle, promesse e proclami. L’incedere degli inviati di Renzi, però, non suscita più l’interesse dei cittadini che ormai hanno perso la speranza e la fiducia nei confronti dello Stato. Con la coesione sociale non si scherza: altro che batti cinque, pacche sulle spalle e maniche di camicia nelle apparizioni pubbliche. Queste scene non ammaliano più nessuno, né esorcizzano l’avanzata della povertà di un Mezzogiorno giunto al settimo anno di recessione. E mentre i dati Svimez indicano il punto di non ritorno, soprattutto per la Calabria, il Presidente del Consiglio annulla la sua visita in questa terra, annunciata il 7 agosto a Reggio tra squilli di trombe e appalusi scroscianti.
Sul rapporto Svimez 2014 – che indica la Calabria ultima tra gli ultimi - ci saremmo aspettati serie ed adeguate proposte di sviluppo e non già l’intervento del sottosegretario Delrio il quale, come nello stile di questo Governo, non ha trovato di meglio che polemizzare con la Regione sul programma “garanzia giovani” (il piano UE per favorire l’inserimento degli under 29 nel mondo del lavoro e della formazione), minacciando di togliere la competenza gestionale all’istituzione regionale.
Il Mezzogiorno e la Calabria, è vero, scontano gli errori delle classi dirigenti che si sono susseguite nel nostro Paese dall’Unità d’Italia a oggi – da Cavour a Renzi, passando per Giolitti, Andreotti e Monti-, ma non è più tempo per le accuse e nemmeno per le analisi. O si salva il Mezzogiorno o muore l’intera Italia che vive il paradosso delle due economie: da un lato quella forte, in grado di competere con l’Europa, dall’altro quella marginale (il Mezzogiorno) costretta ad una sorta di guerra tra poveri con le aree sottosviluppate dell’Unione Europea.
Le proteste dei lavoratori calabresi hanno qualcosa di diverso rispetto al passato: fino a qualche tempo fa lo sciopero alimentava la speranza, oggi invece è fatto di sola disperazione. I lavoratori vanno rispettati e rispetto merita anche il sindacato, soprattutto per la funzione che esso svolge.
Sorprende, infatti, che un Governo di sinistra diventi il boia dello stato sociale. In linea di principio riteniamo giusta la spending rewiev, ma i tagli devono incidere sui privilegi veri, sulle inefficienze dell’apparato statale, sulla corruzione, sulle strategie delle banche, sugli effetti disumani del capitalismo finanziario, sul coraggio di dire no a quella forma di liberismo che vorrebbe annullare decenni di lotte e di conquiste sociali.
La protesta dei lavoratori calabresi è totalmente condivisibile, anche perché si sentono ancora una volta presi in giro: la cabina di regia docet. Questa scatola vuota, fino ad oggi, non ha assunto alcuna decisione o formulato proposte sui precari che in questa regione sono un grosso bacino; per l’area di Gioia Tauro: il porto, la Zes, il gateway; sul servizio di collegamento tra le due sponde dello Stretto; sulla concessione trentennale della gestione dell’aeroporto dello Stretto; sull’infrastrutturazione del territorio; sulle Omeca dopo la decisione Finmeccanica di vendere Ansaldo – Breda al migliore offerente tra cinesi e giapponesi; sulla modernizzazione delle reti di telematiche; su altri comparti produttivi dai quali la Calabria trarrebbe linfa per l’aumento del Pil, (il macro dato del Mezzogiorno nel 2013 ha segnato un crollo del 3,5 % - nel Centro Nord l’1,4- con le stime che per l’anno in corso prevedono un aumento dello 0,4% a fronte dell’ 1,5% dell’altra parte del Paese). A un cattolico praticante come Matteo Renzi non dovrebbe sfuggire il monito del Presidente della CEI, mons. Nunzio Galantino, il quale, dai microfoni di Radio Vaticana, ha sostenuto che il “Sud è una chance per tutto il Paese”. La Calabria non sta vivendo alcun “grande momento di svolta”: né sul fronte della sanitàné in altre settori riconducibili alla produzione, all’occupazione, all’assistenza o agli apparati burocratici della Pubblica Amministrazione.