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18:30:00 - 29 NOVEMBRE 2014

IL VESCOVO OLIVA AI FEDELI: 'LASCIAMOCI INCORAGGIARE DALLA SOLIDARIETÀ'

IL VESCOVO OLIVA AI FEDELI: 'LASCIAMOCI INCORAGGIARE DALLA SOLIDARIETÀ' -

Cari fratelli e sorelle,

 

all'inizio di un nuovo anno liturgico, il primo per me insieme a voi, ritorno volentieri in questa solenne cattedrale, che quattro mesi fa ci ha visti riuniti per la mia ordinazione episcopale. Quel giorno come una Pentecoste mi ha profondamente segnato, consacrandomi  a servizio di questa Chiesa. Da quel giorno è iniziata una nuova vita: ho lasciato dietro di me tante sicurezze, confidando nell’infinito amore del Padre (“in misericordia Dei speravi”). Ho accolto la sua chiamata e mi sono inserito in una tradizione di fede che fa della nostra Chiesa un popolo fedele. Non posso che ringraziarne il Signore, chiedendovi di continuare a pregare.

Iniziamo con questa celebrazione diocesana il novenario dell’Immacolata, affidando a Lei questo nuovo anno liturgico-pastorale. Lo facciamo consapevoli che la devozione a Maria costituisce una significativa forza di coesione spirituale, che ci sostiene. E’ un segno di speranza avere in diocesi tantissimi santuari e chiese dedicate a Maria, e soprattutto poter contare su una grandissima devozione a Maria che caratterizza la nostra Chiesa come comunità “mariana”. La consacriamo al suo Cuore Immacolato. Sotto il suo manto poniamo gli ammalati e i poveri, i ragazzi, i giovani, le famiglie, particolarmente quelle più provate dalle ristrettezze economiche, dalla mancanza o perdita del lavoro, quelle che vivono il disagio di una relazione vacillante. Affido a Maria Immacolata i governanti ed amministratori, le autorità civili e militari. Si avverte un grande bisogno di unità nella nostra terra. L’unione dei Comuni che si sta avviando in un’area del territorio diocesano è un primo passo importante verso quel patto di alleanza e di coesione sociale di cui tanto bisogno ha la nostra Locride. L’unione porta ad affrontare insieme le tante problematiche presenti ed aiuta a superare pericolosi campanilismi e particolarismi localistici, che aggravano il rischio di isolamento.

Affido a Maria tutte le sofferenze degli imprenditori che chiudono la lora attività dietro i colpi di una crisi che non dà scampo. Maria Immacolata venga incontro a quanti – per la loro situazione debitoria – sono sull’orlo del fallimento, facili a cadere nella tentazione di ricorrere agli usurai. Una cosa è certa: meglio fallire che finire in preda agli usurai, perdendo la pace, la dignità e la famiglia. Ma a nessuno venga meno la speranza: nel buio della notte c’è sempre un barlume di luce all’orizzonte.

Mentre esprimo la mia vicinanza ai confratelli Sacerdoti, con i quali ho da subito voluto condividere un rapporto di fraterna collaborazione, desidero oggi rinnovare con loro la professione di fede e di amore a questa Chiesa. Chiedo al Signore che attraverso il dialogo, l'ascolto ed il rispetto reciproco possiamo rispondere sempre meglio alla nostra vocazione.

Sento la vicinanza dei fratelli, anziani e ammalati, che ho incontrato in questo tempo e che mi hanno assicurato l’offerta delle loro sofferenze ed il ricordo nella preghiera. Sono le loro preghiere e la loro fedele perseveranza che ci danno forza e sostegno.

 

Carissimi fratelli e sorelle,

da quanto ho iniziato a camminare con voi, ho sempre apprezzato il vostro calore umano e lo spirito di accoglienza. Riservate affetto e attenzione ai vostri Sacerdoti, collaborate con loro. Coglietene le sollecitazioni verso un cammino spirituale, che aiuti ad apprezzare ciò che c'è di veramente bello nella vita. L'Avvento è un tempo propizio, per continuare a condividere la bellezza e le esigenze di questo cammino. Il profeta Isaia esorta a guardare al futuro con fiducia: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, / delle loro lance faranno falci». Che bello sarà quel giorno, quando anche nella nostra terra le armi taceranno per sempre e saranno trasformate in strumenti di pace e di lavoro! Che bello quel giorno, quando sulle strade, anche della Locride, non sarà più versato del sangue, quando scompariranno definitivamente le armi dell'odio, delle divisioni, dei particolarismi, e non si consumeranno più vendette mafiose. Ci sia consentito sognare questo per amore della nostra terra. Come anche sperare in una ripresa economica che porti lavoro e serenità a tante famiglie. L'amarezza più grave in questi primi mesi l’ho provata quando non sono stato in grado di rispondere alle richieste di aiuto. Quando ci lasciamo interrogare dai drammi che si presentano nel corso del ministero, ci rendiamo conto che l’azione pastorale della nostra Chiesa deve partire dalle periferie esistenziali, da quelle realtà fragili e toccate, che più risentono della congiuntura economica e dell'abbandono sociale. Vivere la prossimità come stile pastorale deve accompagnare il cammino della nostra chiesa. Come Chiesa particolare, anche col supporto della caritas diocesana, ora finalmente dotata di una sede e di una bella struttura di accoglienza con l’apertura di una mensa dei poveri, ci chiediamo: come possiamo metterci in ascolto dei bisogni degli ultimi? Come possiamo rispondere alle nuove emergenze e renderci attivi tessitori di una rete di solidarietà che risvegli dal torpore e ridia slancio alla generosità di quanti godono di maggiori risorse?

Permettetemi a questo punto di rinnovare l’invito a lasciarci accompagnare dall’esortazione apostolica Evangelii gaudium. In essa ritroviamo le linee che devono ispirare la nostra azione pastorale. Un punto di partenza ci è indicato da papa Francesco, quando sottolinea che “nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri, tanto che Egli stesso «si fece povero» (2 Cor 8,9)”, precisando che il nostro impegno pastorale non può che essere “segnato dai poveri”. In concreto, le nostre scelte devono lasciarsi interpellare dai poveri. Liberiamoci dal pregiudizio che la povertà sia una fatalità. Facciamone una scelta di Chiesa, un valore ed una via che portano ad “andare incontro al Signore”. Saprà la nostra Chiesa diocesana essere “chiesa povera per i poveri”? Sapremo “scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa speranza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro” (n. 198)? Non perdiamo questa speranza. Non occorrono grandi “programmi di promozione e assistenza” o “un eccesso di attivismo”, quanto una conversione interiore che si ispiri ad uno stile di sobrietà e di prossimità. E’ questo che chiediamo a Maria.

È Lei la via privilegiata, “l’umile ragazza di un piccolo paese sperduto nella periferia di un grande impero”. E’ Lei il modello di un comportamento ricco di tenerezza, di gesti di apertura e accoglienza. E’ Lei, che porta nel cuore tutta la speranza di Dio! È lei che attraverso il suo "si" ha fatto spazio al Salvatore, “nato in un presepe, tra gli animali, come accadeva per i figli dei più poveri”, ne ha riconosciuto la radicale appartenenza al Padre, presentandolo al Tempio con due piccioni, e riscattandolo con “l’offerta di coloro che non potevano permettersi di pagare un agnello”. Il “Dio con noi” si presenta povero, crescendo “in una casa di semplici lavoratori” e lavorando “con le sue mani per guadagnarsi il pane”. Un Dio che si identifica negli ultimi: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare » (cfr Mt 25,35s)”. “Senza l’opzione preferenziale per i più poveri, ammonisce ancora il papa, richiamando san Giovanni Paolo II, “l’annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui l’odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone” (n. 199)

Guardiamo a Maria. A Lei guarda con ammirazione il nostro popolo, con una devozione semplice e spontanea, quasi incarnata. Lasciamoci guidare da Lei, che è Madre, avvocata dei poveri, donna che ha creduto nel Dio, che “ha rovesciato i potenti da troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote”. Accogliamo il suo stile umile e povero, e lasciamoci affascinare dalla sua fede, senza paure e compromessi. A lei affidiamo il nostro futuro. Chiediamole che ci faccia apprezzare la vita semplice, senza ambizioni. Una vita, che non cerchi l'abbondanza delle cose e l’effimero, una vita sobria, più radicata in Dio. Non vogliamo una Chiesa che faccia sfoggio di grandezza o che vada alla ricerca di oro e di argento. Chiedo a me a Voi tutti confratelli, i religiosi e religiose, i diaconi e fedeli laici l’impegno a camminare dietro a Gesù, che, “pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso, assumendo la condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil. 2, 6-7). Quando la Chiesa è umile e povera, allora “è fedele” a Cristo, altrimenti è tentata di brillare di “luce propria”. Andiamo incontro al suo mistero di amore. Vieni, Signore Gesù! Vieni nella povertà per non sentire la distanza infinita che ci separa da Te.

I richiami alla sobrietà, alla povertà ed al distacco dai beni scomodano certamente. Papa Francesco lo fa rilevare nell’EG: “Dà fastidio che si parli di distribuzione dei beni, dà fastidio che si parli di difendere i posti di lavoro, dà fastidio che si parli della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di un Dio che esige un impegno per la giustizia”. “La comoda indifferenza di fronte a queste questioni svuota la nostra vita e le nostre parole di ogni significato”. Non c’è altra via per seguire e testimoniare il Vangelo.

Cari fratelli e sorelle,

l’invito della liturgia di questa prima Domenica di Avvento va in questa direzione. Siamo sollecitati a vegliare, perché non sappiamo “quando è il momento”. La vigilanza ci aiuta ad aprire gli occhi sulla realtà della vita. “Vegliate”, ma senza avere paura. E’ un appello a essere desti su noi stessi, su quello che ci circonda, ad avere intelligenza e cuore per vivere in questo mondo, senza malizia e presunzione. Un invito pressante a non lasciarsi sopraffare dal sonno dello scoraggiamento, della mancanza della speranza, della disillusione. Sappiamo di essere preziosi agli occhi di Dio, “che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato a ciascuno il suo compito”. Come ai servi di cui parla il Vangelo, il Signore ha affidato alla nostra libertà la sua casa e i suoi beni. Di qui i due verbi che scandiscono l’Avvento come un vero programma di vita: “Fate attenzione” e “Vegliate”. Fedeli al proprio compito, siamo pronti ad accogliere il Signore. Lui ci mostra il volto del Padre, ricco di tenerezza. “Tenerezza” è una realtà oggi un pò dimenticata. Lo è quando l'egoismo porta a chiudere gli occhi di fronte alla sofferenza, quando non reagiamo alla tentazione della corruzione ed a subdoli comportamenti di complicità. Riappropriamoci della tenerezza, che è una delle note più belle del Padre dei cieli. La tenerezza è l’unica via di riscatto dall’odio, dallo spirito di vendetta, dal desiderio di farsi ragione ad ogni costo. La tenerezza, quella di Maria, cambia il mondo e rende più belle ed umane le nostre relazioni.

Prepariamoci a vivere un Natale di tenerezza! L’Avvento ci riapre la porta del cielo. Dio viene incontro e non delude le nostre attese. E’ bello sapere che la nostra storia non è solo il risultato di un’addizione, il risultato di ciò che abbiamo seminato, ma è anche la Parola di Dio che realizza tutto ciò che abbiamo sperato, desiderato, amato, creduto. E’ quanto ci attendiamo in questo tempo di Avvento, durante il quale speriamo di riscoprire il gusto della Parola. Con la Lectio divina che stiamo vivendo nelle nostre comunità ci mettiamo tutti in discussione in ascolto della voce del Signore. E’ Lui il protagonista dell’Avvento. E’ Lui che suscita in noi il desiderio di cercarlo. Come “argilla” ed “opera” delle sue mani, lasciamoci plasmare da Lui. Continuiamo ad operare in modo che alla preghiera segua la carità, quella che va oltre il dare delle semplici cose, che porta ad aprire il cuore (ma anche  le tasche) con generosità e amore.

Lasciamoci incoraggiare ed incoraggiamo le nostre comunità ad aprirsi alla solidarietà ed a sperimentare la bellezza della vita sobria e della carità.

O Maria, Madre della Chiesa, prega per noi.

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