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10:48:00 - 03 DICEMBRE 2014

'MONDO DI MEZZO': I CALABRESI COINVOLTI NELL'OPERAZIONE CHE HA STRAVOLTO LA CLASSE DIRIGENTE ROMANA

 'MONDO DI MEZZO': I CALABRESI COINVOLTI NELL'OPERAZIONE CHE HA STRAVOLTO LA CLASSE DIRIGENTE ROMANA -

La ‘ndrangheta calabrese sale ai piani alti. Non più solo infiltrazioni in Lombardia o Piemonte ma anche e più che mai nel Lazio, a Roma. E’ un vero e proprio terremoto politico-giudiziario quello scatenatosi ieri ed abbattutosi su una ampia fetta della classe dirigente della capitale. Trentasette arresti tra cui l’ex Nar Massimo Carminati, un centinaio di indagati, compreso l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno e sequestri milionari: sono questi i numeri dell’indagine condotta dalla Procura di Roma e ribattezzata “Mondo di mezzo” con riferimento all’area di confine esistente tra due mondi diversi, quello legale e quello illegale. Ed è in questo Mondo di mezzo che per gli inquirenti si sarebbero concretizzati e stretti quei rapporti tra mafia e politica, finalizzati al conseguimento degli interessi delle organizzazioni criminali. L’indagine ruota attorno alla figura di Massimo Carminati, ex terrorista dei Nar ed accusato di aver fatto parte della Banda della Magliana. Stando alle risultanze investigative gestiva una vera e propria holding del malaffare: dagli appalti all’estorsione, dall’usura al recupero crediti intrattenendo rapporti con politici, manager e presunti appartenenti alle più svariate organizzazioni criminali. Tra i suoi contatti infatti figurerebbero dai calabresi Roberto e Giovanni Lacopo ed Emilio Gammuto, a Michele Senese presunto camorrista, alla “batteria” di Ponte Milvio che controlla i locali della movida romana, sino alla potente famiglia nomade romana dei Casamonica ed alla spiccia criminalità di strada. Per i magistrati, guidati da Giuseppe Pignatone, il clan avrebbe potuto contare su figure apicali dell’amministrazione romana dal 2008 al 2013 e sarebbe persino arrivato all’ex sindaco Gianni Alemanno, indagato per associazione a delinquere. Secondo l’accusa quello presieduto da Carminati era a tutti gli effetti un comitato d’affari che copriva tutti i settori produttivi della Capitale compreso quello dell’accoglienza. Nel calderone giudiziario sono finiti anche Roberto e Giovanni Lacopo, originari di Gerace nella Locride, ed Emilio Gammuto, nato ad Acri nel cosentino. Gammuto per i pm aiutava il sodalizio nella contabilità illecita degli affari e come lui anche Roberto Lacopo, imprenditore titolare del distributore di carbolubrificante Eni considerato il quartier generale dell’organizzazione, sarebbe affiliato al sodalizio criminale.  Secondo gli inquirenti, Lacopo avrebbe fatto da tramite nelle comunicazioni, organizzando i contatti tra Carminati e politici, manager ed imprenditori. Lo stesso poi sarebbe intervenuto per trovare un luogo sicuro dove occultare le armi e commissionare ad un carrozziere di fiducia la realizzazione di un vano, all’interno di un’auto, destinato al trasporto di armi e denaro. Assieme al padre Giovanni infine si sarebbe anche reso protagonista di una presunta estorsione all’imprenditore Riccardo Manattini debitore di 180mila euro a Giovanni Lacopo e vittima di intimidazioni, minacce ed aggressioni.

MARIA CHIARA CONIGLIO 

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