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22:10:00 - 07 DICEMBRE 2014

INTERVENTO DEL VESCOVO OLIVA ALLA VEGLIA DI PREGHIERA PRESSO L'OSPEDALE DI LOCRI

INTERVENTO DEL VESCOVO OLIVA ALLA VEGLIA DI PREGHIERA PRESSO L'OSPEDALE DI LOCRI -

A conclusione di questa Veglia di preghiera sento il bisogno di ringraziare tutti voi, fedeli, sacerdoti, autorità, per aver voluto condividere insieme con me un momento di vicinanza spirituale agli ammalati ed ai loro familiari, ai medici, gli infermieri, il personale paramedico, e a tutti coloro che hanno il delicato compito di amministrare le strutture sanitarie.
1. Pregare è ringraziare. 

Ringraziare il Signore, anzitutto, che, facendosi uomo in tutto simile a noi, ha assunto la sofferenza umana rendendola via di salvezza sulla croce e indicandoci nel buon samaritano l’immagine del vero credente.
Pregare è ringraziare gli ammalati, che, portando sulla loro carne le umane sofferenze, partecipano alla sofferenza di Cristo e la completano. Sono essi a darci testimonianza di una fede forte e di una perseveranza che non viene meno nonostante prove durissime da sopportare. 
Pregare  è ringraziare tutti i medici e gli infermieri, il personale paramedico, che con cuore, disponibilità ed amore, quotidianamente, notte e giorno, si rendono vicini agli ammalati, ed offrono loro le cure necessarie per riportarli in salute. E spesso lo fanno in condizioni difficili e nella precarietà dei mezzi a disposizione.
Pregare è ringraziare tutti i volontari ospedalieri sia come singoli (penso ai parenti e ad altre persone che prestano assistenza all’ammalato nel silenzio e gratuitamente), sia come associazioni (AVO, Unitalsi, Avis), che fanno della vicinanza agli ammalati un ideale di vita, portando loro un sorriso, un bicchiere d’acqua, accompagnandoli e dando loro speranza e conforto.
  Pregare è ringraziare quanti rivestono compiti di responsabilità amministrativa delle strutture sanitarie e portano avanti con disinteresse e saggia gestione le risorse messe a disposizione.
Pregare è anche presentare al Signore i bisogni della nostra umanità sofferente e chiedere a Lui che volga su di noi il suo sguardo benevolo e compassionevole, è chiedergli un cuore docile e solidale, che sappia prendersi cura della sofferenza con amore e spirito di servizio, che sappia amministrare con saggezza i beni comuni, senza sprechi inutili.
Pregare è chiedere al Signore saggi amministratori dell’organizzazione del mondo della sanità, che sappiano rendere un servizio disinteressato alla nostra umanità, evitando sprechi inutili delle risorse comuni, che sappiano lavorare al servizio del bene di tutti.
Pregare è chiedere perdono al Signore, quando sprechiamo risorse comuni o abusiamo del loro uso, cedendo a forme di cattiva amministrazione e strumentalizzando la sofferenza umana.
Piace richiamare quanto scriveva papa Benedetto: «La misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana» (Benedetto XVI, Spe salvi, 38).
Amiamo la vita. Amiamo il nostro ospedale e tutte le strutture sanitarie essenziali per amore della vita. Amare la vita sempre dal suo inizio, dal momento del suo concepimento al momento della morte, è riconoscere che essa è un dono incommensurabile di cui non possiamo disporre a nostro piacimento. Amare la vita è anzitutto accoglierla e prendersi cura dei più deboli, degli malati. Non si tratta solo di un semplice dovere di pietà o di compassione. E’ una questione di umanità. L'ammalato è una persona, in essa appare l’umanità nella sua fragilità. Prendersi cura ed avere attenzione all’ammalato è una genuina espressione di solidarietà e umanità. La stessa organizzazione della sanità misura il livello di progresso di una società. Una cosa desidero sottolineare: il futuro di una società ed il suo senso di umanità dipendono molto da quanto si investe nella sanità e dall’attenzione che si presta ai sofferenti. Hanno ragione quanti pensano che se si vuole migliorare il senso di umanità, il nostro mondo, urgono maggiori investimenti nella sanità, nella ricerca contro le malattie gravi. Sono i malati la parte più fragile della società. E non possono essere relegati allo scarto dell’umanità. 
Questo ci porta tutti insieme, questa sera, a gridare ai nostri politici ed amministratori: prestate maggiore attenzione al mondo della sofferenza, non lasciate che le strutture sanitarie, gli ospedali, i centri di assistenza medico-sanitaria, le case di accoglienza dei più svantaggiati finiscano preda di interessi egoistici e cadano nelle mani di persone corrotte e senza scrupoli. 
Chiediamo che in queste strutture vi sia un personale scelto sulla base della professionalità, dell’attaccamento al proprio lavoro reso non solo come opportunità di guadagno ma come servizio a favore della persona ammalata. Chiediamo più investimenti nella sanità, ritenendo che la salute è un bene primario prezioso, che tutti devono vedersi equamente tutelato, senza discriminazioni e bisogno di raccomandazioni. Chiediamo a chi opera negli ospedali e nelle strutture sanitarie di “prendere a cuore” il proprio servizio e di amministrare le poche risorse con economicità e tenendo lontano ogni forma di speculazione. Dobbiamo riconoscere con onestà che un’organizzazione sanitaria efficace e funzionale, il prendersi cura degli ammalati è un fatto anzitutto di civiltà. 
Di fronte alle tante emergenze che affliggono la nostra società oggi c’è il rischio che le strutture ospedaliere siano sacrificate all’economia e alle finanze. E’ un gravissimo pericolo che corriamo. Come cittadini teniamo sempre desta l’attenzione su quanto riguarda la salute, sulla custodia del creato, sul rispetto dell’ambiente. Ciascuno dia il proprio contributo di impegno e di partecipazione nel rendere più bello il mondo in cui viviamo, creando relazioni umane fondate sul senso del rispetto reciproco e sulla giustizia.
Se nell’organizzazione sociale gli ospedali e le strutture sanitarie dovessero finire in un posto di secondaria importanza nell’agenda politica facciamo sentire la nostra voce contestando ogni scelta che privilegi l’economia all’attenzione alla persona, che faccia della persona più debole e sofferente oggetto di scarto. Dobbiamo purtroppo rilevare che corriamo il rischio che gli interessi economici delle finanze globalizzate creano ampi margini di sottosviluppo, ampliano le aree periferiche relegandole ad uno stato di emarginazione. La sanità va incontro ai bisogni degli ammalati. Ma gli ammalati quando lo sono gravemente non hanno il tempo di lunghe attese per il ricovero. Le strutture sanitarie diffuse nel territorio sono un bisogno primario, un servizio di civiltà e di solidarietà. Ne ha bisogno l’ammalato. La nostra Locride non può divenire territorio di periferia anche rispetto ad un valore fondamentale qual è la salute e la sua tutela. Come Chiesa facciamo appello alle Autorità competenti, perché le esigenze primarie di tutela di questo territorio non siano sacrificate ad interessi di altro genere. L’ammalato appartiene alle fasce deboli, a quelle “periferie esistenziali”, che non possono essere abbandonate a se stesse. Ad esse come cristiani e come chiesa vogliamo e dobbiamo dare una attenzione privilegiata.
+ Francesco Oliva
Vescovo di Locri-Gerace

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