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12:12:00 - 24 FEBBRAIO 2015

MORTE CARMINE SCHIAVONE, IL PROCURATORE DE RAHO: 'SERVONO INDAGINI ACCURATE'

MORTE CARMINE SCHIAVONE, IL PROCURATORE DE RAHO: 'SERVONO INDAGINI ACCURATE' -

Carmine Schiavone è morto a 72 anni nella sua casa dell'alto Lazio. Un infarto ha stroncato la vita del boss dei casalesi che svelò le dinamiche che gravitavano intorno alla cosidettà terra dei fuochi e alla sua galassia di discariche zeppe di rifiuti altamente nocivi. Il suo pentimento è storia del maggio 1993, da allora una serie di faldoni contenenti le confessioni che portarono alla condanna, fra gli altri, di criminali del calibro di Francesco 'Sandokan' Schiavone (suo cugino), Francesco Bidognetti e Michele Zagaria. Nel corso degli ultimi mesi Carmine Schiavone ha fornito alla Dda di Reggio Calabria informazioni e dettagli sulla filiera illecita dello smaltimento dei rifiuti in Calabria, per questo oggi la sua morte è un affare anche calabrese. E sembrerebbe tingersi di giallo. Prima boss, quindi storico collaboratore del clan dei Casalesi, Schiavone ai magistrati ha svelato non solo organigramma affari e interessi della sua organizzazione, ma soprattutto ha rivelato il disastro dei rifiuti tossici e no interrati ovunque in quella che oggi è comunemente nota come terra dei Fuochi. Viterbo - Schiavone stava continuando a parlare. Stando ad indiscrezioni infatti, nel corso dell'ultimo anno lo storico collaboratore dei Casalesi aveva più volte incontrato Cafiero de Raho per fornire informazioni sullo smaltimento illecito di rifiuti in Calabria e sulle "terre dei fuochi" che nella regione sarebbero state negli anni create. Una collaborazione recente e riservatissima, di cui i familiari di Schiavone, pur non conoscendone i contenuti nello specifico, erano da tempo informati. Per questo, quando il padre è morto in circostanze non chiare, la prima telefonata che hanno sentito il dovere di fare è stata al procuratore capo della Dda reggina.La morte di Carmine Schiavone è stata commentata dal procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, che nel 1993 raccolse le sue dichiarazioni, utilizzate per decapitare, due anni più tardi, con 136 arresti il clan dei casalesi, : "Fu il primo pentito che davvero ci condusse a capire che i clan avevano a disposizione non solo armi, ma anche energie economiche ed imprenditoriali".

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