“Ma questo che viene Rossano mai si poteva sognare di dire queste cose. Gliele ha detto lui”.
Tommaso Costa è inferocito. E’ una furia contro il fratello Giuseppe, che apostrofa
come “megalomane cornuto”, per quanto emerso nel corso del processo bis per l’omicidio
di Gianluca Congiusta che si sta svolgendo davanti alla Corte d’Assise d’Appello
di Reggio Calabria. Un processo che è stato riaperto in dibattimento e che ruota
anche attorno alla credibilità che i giudici decideranno di dare proprio a Giuseppe
Costa, pentito finito sulla graticola grazie ad un secondo collaboratore di
giustizia Vincenzo Curato. Dopo l’inizio della collaborazione di Giuseppe
Costa sono arrivate infatti le parole di Curato che hanno messo in discussione
la credibilità del suo racconto. Secondo Curato infatti Costa avrebbe
deciso di iniziare la sua collaborazione soltanto per vendicarsi dei
Commisso, e nel farlo avrebbe omesso il coinvolgimento del fratello
Tommaso in un omicidio affermando “non potevo accusare mio fratello”.
Circostanze che Curato avrebbe appreso dalla viva voce di Costa nel
periodo in cui condividevano il regime carcerario a Prato.
Un bomba quella lanciata da Curato nel bel mezzo del processo in cui
l’accusa è rappresentata da Antonio De Bernardo. Un mina che potrebbe
essere disinnescata soltanto se si dimostrasse che Curato dice il falso e
che dunque Costa stia collaborando pienamente.
PINO GAGLIANO